Sono tornata dal mio viaggio ormai da qualche giorno, ma stando tutto il giorno il rifugio resta poco tempo per dedicarsi alla scrittura. E probabilmente anche alla riflessione.
I quattro giorni fuori da Udaipur hanno confermato il mio pensiero: sono incapace di viaggiare da sola. O meglio - sono incapace di godermi il viaggio da sola. Mi sembra che tutto sia meno bello, che tutto sia meno interessante, e il tempo mi sembra passare più lento. Invece di essere più incline a conoscere altra gente, mi sento ancora più in diritto di starmene per le mie. Anche se in India è tutto relativo.
In India, ovunque, c'è tanta gente. Tantissima gente ovunque, sempre. Le strade sono sempre un delirio, i mezzi di trasporto sempre sovraccarichi. E non c'è alcun senso della distanza, dello spazio personale: non è maleducazione, è semplicemente un concetto che non esiste. Se sull'autobus o sul treno (in classi alte) hai la tua prenotazione col posto numerato, sei relativamente tranquillo. Gli altri, invece, si ammassano: in piedi, seduti, sdraiati, non importa. C'è sempre posto! La stazione dei treni pare un formicaio, con treni che arrivano e partono anche a notte fonda. Il mio treno è arrivato con più di 3 ore di ritardo, in totale copre una tratta di oltre 30 ore. In stazione mi fissavano tutti, con quell'aria a volte sorpresa, a volte curiosa, a volte semplicemente ebete, e per un attimo ti chiedi se per caso non hai una tetta di fuori. Invece tutti i vestiti sono al loro posto, e quindi passi da un sorriso abbozzato al fissarti i piedi facendo finta di nulla. Poi arriva il treno, e tutti corrono in cerca del vagone giusto o di uno spazio libero.
L'altra cosa che fa impressione è la spazzatura. Qua è normale buttare le cose in terra, per strada, o aprire la porta di casa e buttare tutto fuori. Poi passa qualcuno che pulisce, ma intanto tutto vola ovunque e ci sono zone dove i rifiuti semplicemente si accumolano e basta. E quindi gli odori, considerando anche che le città indiane hanno le fogne a cielo aperto, e quindi si vedono semplicemente questi rivoli di acqua putrida scorrere tra le case e i marciapiedi. I cani ci si stendono dentro quando fa troppo caldo. Passano la giornata a pulire e sporcare, un sistema assurdo che dà lavoro ai più poveri dei poveri.
L'India poi fa bene per l'autostima: sono tutti interessati a te, vogliono farsi anche le selfie (arrivano proprio chiedendo "selfie?"). A Jaiselmer ho conosciuto questo indiano che parla italiano (e francese e spagnolo, oltre all'inglese, e sa pure anche un po' di tedesco e olandese): gentile, mi ha accompagnato in giro per la città senza volere una lira, giusto per fare due chiacchiere. Poi però mi ha raccontato che anche se è sposato con figli con una ragazza molto più giovane, ha avuto tante storie con tante turiste.
Quindi alla fine ti chiedi sempre: perchè lo fanno? Per semplice gentilezza? Per farsi vedere dagli altri? Perchè sotto sotto sperano in qualcosa di più? Perchè sperano di farti comprare cose? Per semplice abitudine?
Non lo so, ma sto iniziando a sviluppare un minimo sesto senso per distinguere tra quelli proprio opportunisti e fastidiosi (ovvero, nessun valore aggiunto) e quelli innocui, con cui puoi fermarti a parlare. Cercando di andare a salutare il mio nuovo amico mi sono ritrovata in una camera di albergo con tre ragazzi che scherzavano su quanto ci avrebbe messo uno di loro a conquistarmi. Neanche per mezzo secondo mi sono sentita a disagio o in pericolo. Non so se mi sarei messa in una situazione simile in Europa o in altri posti.
Ciò non toglie che questa curiosità - se così possiamo definirla - verso gli stranieri, soprattutto le donne straniere, è inevitabilmente fastidiosa, e dopo l'ennesimo "Namaste, where are you from?" ti viene solo voglia di rispondergli citando sua mamma.
Mi restano 10 giorni in rifugio, poi mi obbligo a fare tappa in qualche altro posto prima di prendere il volo da Delhi.
Sento già il cuore che si spezza,
I quattro giorni fuori da Udaipur hanno confermato il mio pensiero: sono incapace di viaggiare da sola. O meglio - sono incapace di godermi il viaggio da sola. Mi sembra che tutto sia meno bello, che tutto sia meno interessante, e il tempo mi sembra passare più lento. Invece di essere più incline a conoscere altra gente, mi sento ancora più in diritto di starmene per le mie. Anche se in India è tutto relativo.
In India, ovunque, c'è tanta gente. Tantissima gente ovunque, sempre. Le strade sono sempre un delirio, i mezzi di trasporto sempre sovraccarichi. E non c'è alcun senso della distanza, dello spazio personale: non è maleducazione, è semplicemente un concetto che non esiste. Se sull'autobus o sul treno (in classi alte) hai la tua prenotazione col posto numerato, sei relativamente tranquillo. Gli altri, invece, si ammassano: in piedi, seduti, sdraiati, non importa. C'è sempre posto! La stazione dei treni pare un formicaio, con treni che arrivano e partono anche a notte fonda. Il mio treno è arrivato con più di 3 ore di ritardo, in totale copre una tratta di oltre 30 ore. In stazione mi fissavano tutti, con quell'aria a volte sorpresa, a volte curiosa, a volte semplicemente ebete, e per un attimo ti chiedi se per caso non hai una tetta di fuori. Invece tutti i vestiti sono al loro posto, e quindi passi da un sorriso abbozzato al fissarti i piedi facendo finta di nulla. Poi arriva il treno, e tutti corrono in cerca del vagone giusto o di uno spazio libero.
L'altra cosa che fa impressione è la spazzatura. Qua è normale buttare le cose in terra, per strada, o aprire la porta di casa e buttare tutto fuori. Poi passa qualcuno che pulisce, ma intanto tutto vola ovunque e ci sono zone dove i rifiuti semplicemente si accumolano e basta. E quindi gli odori, considerando anche che le città indiane hanno le fogne a cielo aperto, e quindi si vedono semplicemente questi rivoli di acqua putrida scorrere tra le case e i marciapiedi. I cani ci si stendono dentro quando fa troppo caldo. Passano la giornata a pulire e sporcare, un sistema assurdo che dà lavoro ai più poveri dei poveri.
L'India poi fa bene per l'autostima: sono tutti interessati a te, vogliono farsi anche le selfie (arrivano proprio chiedendo "selfie?"). A Jaiselmer ho conosciuto questo indiano che parla italiano (e francese e spagnolo, oltre all'inglese, e sa pure anche un po' di tedesco e olandese): gentile, mi ha accompagnato in giro per la città senza volere una lira, giusto per fare due chiacchiere. Poi però mi ha raccontato che anche se è sposato con figli con una ragazza molto più giovane, ha avuto tante storie con tante turiste.
Quindi alla fine ti chiedi sempre: perchè lo fanno? Per semplice gentilezza? Per farsi vedere dagli altri? Perchè sotto sotto sperano in qualcosa di più? Perchè sperano di farti comprare cose? Per semplice abitudine?
Non lo so, ma sto iniziando a sviluppare un minimo sesto senso per distinguere tra quelli proprio opportunisti e fastidiosi (ovvero, nessun valore aggiunto) e quelli innocui, con cui puoi fermarti a parlare. Cercando di andare a salutare il mio nuovo amico mi sono ritrovata in una camera di albergo con tre ragazzi che scherzavano su quanto ci avrebbe messo uno di loro a conquistarmi. Neanche per mezzo secondo mi sono sentita a disagio o in pericolo. Non so se mi sarei messa in una situazione simile in Europa o in altri posti.
Ciò non toglie che questa curiosità - se così possiamo definirla - verso gli stranieri, soprattutto le donne straniere, è inevitabilmente fastidiosa, e dopo l'ennesimo "Namaste, where are you from?" ti viene solo voglia di rispondergli citando sua mamma.
Mi restano 10 giorni in rifugio, poi mi obbligo a fare tappa in qualche altro posto prima di prendere il volo da Delhi.
Sento già il cuore che si spezza,